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È giunta l’ora di affidare il progetto agli amici kirghisi. Come lo metteranno in pratica?

È trascorso un anno intero da quando salutammo i nostri colleghi kirghisi. Lasciammo il Paese dell’Asia centrale con un incoraggiamento: «Questo è il vostro anno, tocca a voi mostrarci quanto valete
e cosa avete imparato».
Siamo in aereo in direzione di Osh e attendiamo con impazienza uno degli ultimi interventi. Custodiamo quella terra e la sua gente nei nostri cuori.

Rammento gli inizi di questa avventura con i bambini affetti da labiopalatoschisi. Il caos, gli armadi vuoti, la mancanza di know-how dei dentisti, la scarsa igiene e molto altro ancora a volte ci avevano quasi fatto disperare. Le abitudini culturali ci avevano dato del filo da torcere. Probabilmente i nostri amici avevano avuto la stessa difficoltà con noi. Nel Kirghizistan meridionale si vive ancora secondo il principio che «la
donna è suddita dell’uomo».

Ricordo bene in particolare un episodio. Un giorno, dopo aver ripetutamente chiesto di non frugare in un cassetto con i guanti contaminati, vidi Asamat infrangere di nuovo la regola. Strappai il cassetto dall’armadio, vi misi sopra una scatola di salviette disinfettanti e ordinai al dentista di pulire personalmente tutti gli strumenti. Io, donna, osai fare questa richiesta inimmaginabile, in presenza di tutti gli altri. Di fronte a me vidi occhi spalancati pieni di stupore e una certa rigidità dovuta allo choc, insieme ai sorrisi sotto i baffi del resto del team. Silenzio. Asamat stava pensando a cosa fare. Tutti gli occhi erano puntati su di lui e sulla sua reazione. Poi, dopo un lasso di tempo che mi sembrò interminabile, prese il cassetto, si spostò nella parte posteriore della clinica e cominciò a pulire.

Sette anni di impegno per i bambini affetti da labiopalatoschisi Con assoluta gioia e una certa dose di orgoglio, ci vengono mostrati i pazienti in cura. Marcel continua a commentare: «Ottimo risultato!». Analizziamo i casi difficili e ne discutiamo. La clinica oggi è tirata a lucido, ma forse non si tratta proprio dello standard quotidiano. In ogni caso, a quanto pare, sanno come si fa. Forse non tutti gli ortodontisti lavorano

secondo la nostra mentalità orientata alle prestazioni, ma va bene così. Le sedie da dentista funzionano. Il materiale mancante, quello che non è disponibile qui in Kirghizistan, lo hanno ordinato dalla Svizzera per nostro tramite e lo pagano con orgoglio dalla cassa della clinica. L’unica spina nel fianco è che purtroppo non abbiamo ancora la logopedia nel team. A quanto pare, non è una priorità per i chirurghi. Marcel ed io abbiamo dovuto imparare ad accettarlo.

Come di consueto, passiamo da un invito in segno di gratitudine all’altro. Mentre presentiamo a un convegno di formazione dentistica, percepiamo tutta la motivazione e lo spirito legati a un nuovo
inizio, in questo meraviglioso Paese dalle alte montagne.